Il beneficio prodotto dalla soia sul rischio cardiovascolare può essere rapportato in modo preminente all’azione ipocolesterolemizzante, ma va ricordato che l’uso della soia ha altri vantaggi:
Pertanto, rimpiazzare con i prodotti a base di soia i cibi ricchi in grassi saturi e colesterolo o con alto indice glicemico, può avere un’importante ricaduta favorevole sul rischio cardiovascolare.
Chiaramente la soia, come qualsiasi altro alimento utilizzato per migliorare e rendere più salutari le abitudini alimentari, va inserita nel contesto di una alimentazione complessivamente corretta.
Per mantenere un buon stato di salute, una delle azioni più importanti è tenere sotto controllo il valore del colesterolo nel sangue. Infatti quando supera i livelli di guardia (in genere oltre i 200 mg/dL, a meno che non si abbia un alto colesterolo HDL, quello buono), esso può depositarsi sulle pareti delle arterie andando a formare la cosiddetta placca aterosclerotica che può ridurre o bloccare l’afflusso di sangue sia al cuore (causando l’angina pectoris o peggio l’infarto), che al cervello (provocando l’ictus cerebrale).
Grassi alimentari e colesterolemia
La correlazione tra il consumo dei grassi alimentari e la colesterolemia è ben nota da tempo, ma non tutti i grassi hanno lo stesso effetto ipercolesterolemizzante. Infatti, se i grassi saturi e gli insaturi di tipo trans tendono ad aumentare la colesterolemia, gli acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi posseggono un effetto opposto...
Il consiglio è consumare meno carni rosse a favore di carni bianche e pesce, evitare il burro, limitare i formaggi preferendo latte e latticini, ridurre il consumo delle uova, limitare i dolci.
Tra i condimenti, scegliere quelli che apportano grassi monoinsaturi (come l’olio d’oliva) e polinsaturi (ad esempio, oli di semi di girasole, mais, soia). Infine, privilegiare i cibi ricchi di fibre solubili (come cereali integrali, legumi, verdura, frutta), alimenti in grado di ridurre l’assorbimento del colesterolo.
A proposito di legumi, uno di essi, la soia, è capace di influenzare positivamente il valore del colesterolo grazie anche alle sue proteine che sono in grado di ridurne la sintesi a livello epatico.
Il consiglio, quindi, è inserire nella propria dieta anche alimenti a base di questo legume, quali latte, yogurt, hamburger, polpette, tofu.
Ecco la dieta dei nostri figli o nipoti, se vorremo nutrire l’intero pianeta.
La profezia viene da un rapporto di illustri scienziati. Ma il loro è un augurio, un’esortazione, più che un pronostico: gli esseri umani vi daranno ascolto? Oppure nel 2050 scoppieranno le guerre del mangiare, o meglio dell’acqua, senza la quale non ci sarebbe praticamente nulla di commestibile da mettere in tavola?
Le riserve globali di cibo diminuiscono costantemente, afferma il rapporto del professor Malik Falkenmark e dei suoi colleghi dello Stockholm International Water Institute, mentre la popolazione mondiale non fa che aumentare.
Se l’umanità continua a cibarsi ai ritmi attuali, e soprattutto seguendo la dieta odierna, entro il 2050 ci aspettano catastrofiche carenze alimentari. E per catastrofe si intende qualcosa di molto peggio della tutt’altro che rosea realtà attuale: già oggi, secondo cifre dell’Onu, 900 milioni di persone vanno a letto affamate tutte le sere e 2 miliardi sono da considerare malnutrite.
Ma nei prossimi quattro decenni la terra passerà da 7 miliardi di umani a 9 miliardi, un aumento netto di 2 miliardi che renderà ancora più drammatica la carenza di cibo. E allora che fare?
La risposta degli studiosi di Stoccolma, il cui rapporto è stato anticipato ieri dal quotidiano Guardian di Londra, è netta: il mondo deve cambiare dieta. Dobbiamo diventare tutti vegetariani, o quasi.
Attualmente ricaviamo il 20 per cento delle proteine necessarie al nostro fabbisogno da prodotti derivati dagli animali, che si tratti di carne o latticini; ma questa percentuale dovrà scendere al 5 per cento o forse anche a meno entro il 2050, se vorremo evitare carestie e conflitti causati dalla scarsità di cibo. Il problema di partenza è l’acqua. Già oggi scarseggia e in molte regioni è un bene più prezioso del petrolio per la sopravvivenza della nostra specie, ma fra quarant’anni non basterà sicuramente per produrre gli alimenti necessari a 9 miliardi di terrestri.
Il cibo ricavato da animali, infatti, consuma da cinque a dieci volte più acqua di quella che serve a una alimentazione vegetariana. Cambiare dieta permetterebbe dunque di consumare meno acqua per l’agricoltura, e non solo: oggi un terzo delle terre arabili del pianeta sono destinate alla crescita di sementi e raccolti destinati a sfamare gli animali da allevamento. Se mangiassimo meno animali, risparmieremmo acqua e avremmo a disposizione più terra per altri usi agricoli.
Rispetto alle proteine, per esempio, del latte (e quindi del formaggio), le proteine di soia hanno maggiore quantità di arginina e minore quantità di lisina, due aminoacidi essenziali.
Secondo Kritchevsky, il rapporto elevato arginina-lisina spiegherebbe l'effetto ipocolesterolemizzante.
Le ricerche italiane, invece, dimostrano che le proteine di soia, inibendo la sintesi epatica del colesterolo, hanno un effetto di stimolo sui recettori del fegato che, aumentando di numero, legano un maggior numero di proteine che trasportano il colesterolo nel sangue (le cosiddette lipoproteine).
Infatti, questi recettori, che appaiono come piccole insenature sulla superficie della cellula del fegato, legando le lipoproteine, le trasportano all'interno della cellula epatica, ne estraggono il colesterolo e conseguentemente, riducono la colesterolemia.
Se ad un animale somministriamo proteine animali, questi recettori diminuiscono drasticamente e si induce ipercolesterolemia; succede il contrario se forniamo proteine di soia.
Si tratta di un effetto di "regolazione" dei recettori che spiegherebbe perché soltanto soggetti ipercolesterolemici, dove i recettori sono cronicamente ridotti, traggono beneficio da questa terapia dietetica.
Proprio grazie a questa capacità delle proteine della soia (a dose media di 25g al giorno, anche suddivise in più razioni) di ridurre il colesterolo-LDL di oltre 20 mg/dL, (il colesterolo-LDL è quello cosiddetto cattivo, in quanto responsabile della placca), che la Food and Drugs Administration statunitense ha riconosciuto che le proteine della soia possono ridurre in modo significativo il rischio cardiovascolare e quindi l'infarto miocardico e l'ictus cerebrale.
Pertanto, quando l'approccio nutraceutico non farmacologico risulti non solo “naturale”, ma anche efficace, ben tollerato e sicuro, può rappresentare una valida strategia per ridurre il rischio cardiovascolare non solo in quei pazienti ipercolesterolemici che, pur essendo in trattamento con farmaci, non raggiungono l'obiettivo terapeutico (in questi casi le proteine della soia vanno associate al famaco già utilizzato), o negli ipercolesterolemici intolleranti ai farmaci ipocolesterolemizzanti, ma anche in quei pazienti ipercolesterolemici a rischio cardiovascolare non elevato e nei bambini-ragazzi ipercolesterolemici a rischio in quanto figli di genitori con infarto o ictus prematuri (prima dei 55 anni nel padre e prima dei 65 anni nella madre).
In questi ultimi casi, è possibile che i soggetti, essendo considerati a rischio basso, non vengano adeguatamente seguiti, in quanto un intervento farmacologico potrebbe apparire prematuro e/o eccessivo. Invece, le proteine della soia potrebbero offrire un sostanziale effetto preventivo anche a quella popolazione che, pur non avendo un rischio elevato, è comunque a rischio.
Diventa fondamentale ridurre il consumo mondiale di carne
UMBERTO VERONESI
ISTITUTO EUROPEO DI ONCOLOGIA
La distribuzione del cibo sul nostro Pianeta non è compatibile con un mondo popolato da esseri evoluti ed intelligenti.
Questo è il messaggio della 10ma Conferenza Mondiale sul Futuro della Scienza, che ha come titolo «The Eradication of Hunger - Per un mondo senza fame» ed è in programma a Venezia dal 18 al 20 settembre 2014. E’ un tema che il nostro programma non poteva ignorare, perché senza un riequilibrio delle risorse alimentari non c’è futuro, non solo per chi soffre la fame, ma per tutti noi.
La popolazione mondiale attualmente è divisa in circa un miliardo di persone che muoiono di fame e soffrono di denutrizione, da un lato, e 2 miliardi che si ammalano e muoiono per eccesso di cibo - sprecandone una quota considerevole - dall’altro.
Nei prossimi anni la situazione peggiorerà. Eravamo 6 miliardi all’inizio di questo secolo, oggi siamo 7 miliardi e si prevede che saremo 9 miliardi entro il 2050 e l’aumento demografico avverrà prevalentemente in Africa e India, dove il cibo è più scarso, e in Cina.
A questo numero crescente di esseri umani da sfamare dobbiamo aggiungere 4 miliardi di animali da allevamento - in gran parte destinati a trasformarsi in cibo per il mondo occidentale supernutrito - che sono destinati ad aumentare a mano a mano che i Paesi emergenti acquisiscono abitudini alimentari carnivore simili all’Occidente, per dimostrare la loro ascesa sociale. Si prevede che la domanda di carne a livello mondiale aumenterà dagli attuali 220 milioni di tonnellate a più di 460 milioni di tonnellate.
Lo scenario è da apocalisse: aumentano le persone, aumentano gli animali, mentre cibo e acqua scarseggiano. Bisogna, quindi, agire subito, affrontando il tema del cibo in modo nuovo, tema che riguarda contemporaneamente e sinergicamente gli ambiti della tecnologia, della genetica, dell’ambiente, della medicina e dell’economia. La fame è un problema globale che richiede la riorganizzazione del Pianeta, seguendo una strategia collettiva. Non è più possibile che un Paese, o un gruppo di Paesi, prenda decisioni autonome in materia di alimentazione. Il rapporto dell’uomo con il cibo deve cambiare in un’unica direzione, che comprenda una nuova etica della responsabilità, perché è indispensabile che il modo in cui mangiamo rispetti gli equilibri globali dell’ambiente. Come?
SCELTA VEGETARIANA: DIVENTA FONDAMENTALE RIDURRE IL CONSUMO MONDIALE DI CARNE
Innanzitutto riducendo il consumo di carne. Oggi un americano consuma in media 120 kg di carne all’anno, un animale intero. Ma la dieta carnivora non è sostenibile perché gli animali trasformano in carne da consumare solo il 10% del cibo che ricevono. Circa 150 milioni di tonnellate di cereali ogni anno - pari al 50% del totale e al 75% della soia prodotti nel mondo - sono destinati a nutrire animali da macello che saranno ingoiati da una minoranza di persone ipernutrite, invece che sfamare adeguatamente persone (in prevalenza bambini) che muoiono di fame. E non parliamo solo di cibo, ma anche di acqua, altra risorsa scarsa e vitale per l’umanità.
L’intera catena produttiva per ottenere un kg di carne richiede circa 15 mila litri di acqua, mentre per ottenere un kg di cereali (e quindi di pane) ci vogliono meno di 1000 litri. Inoltre, mentre le piante trasformano l’anidride carbonica in ossigeno, gli animali fanno il contrario e, oltre all’aria, contaminano i fiumi con le loro carcasse. Infine la carne fa male alla salute. E’ dimostrato che un elevato consumo di carne aumenta il rischio di cancro del colon e appaiono i primi studi che segnalano lo stesso rischio anche per il tumore della mammella.
L’alternativa all’alimentazione carnivora invece - il vegetarianesimo - non solo non fa male, ma ci protegge da molte malattie, fra cui il cancro. Abbiamo scoperto, infatti, specifiche molecole anticancro nei vegetali: il licopene, contenuto nei pomodori, protegge dal cancro della prostata, la catechina del tè e il resveratrolo dell’uva sono protettivi verso molti tumori e l’indolo-3-carbinolo delle crucifere protegge dal cancro della mammella. Al di là dell’oncologia, che la dieta vegetariana aiuti a mantenersi sani è scientificamente dimostrato grazie al suo basso contenuto di grassi saturi, colesterolo e proteine animali e alle alte concentrazioni di folati, antiossidanti e fitoestrogeni. Per questo penso che la scelta vegetariana sia oggi una necessità del Pianeta, della collettività e dell’individuo allo stesso tempo e ritengo che dovremmo avviare un’ampia azione educativa in questo senso, soprattutto nei confronti dei giovani, che mostrano, ovunque nel mondo e anche in Italia, una sensibilità particolare ai temi di responsabilità sociale.
NUOVA AGRICOLTURA: CON L’INGEGNERIA GENETICA DIVENTERA’ PIU’ PRODUTTIVA E ANCHE PIU’ SOSTENIBILE
Certamente la seconda mossa da fare, accanto all’educazione alimentare, è quella di promuovere un’agricoltura più sostenibile e più produttiva. E qui ci viene in aiuto la genetica e le nuove opportunità delle biotecnologie. Tuttavia la scienza con tutta la sua ricerca e il suo sapere rimane impotente, se le sue scoperte non vengono accompagnate da un cambio di rotta culturale della gente verso un’alimentazione più sostenibile e amica dell’uomo e dell’ambiente.
Un primato invidiabile
L’Italia è al primo posto in Europa per il numero di vegetariani e questo primato è favorito anche dalla grande disponibilità di alimenti vegetali nel nostro Paese e dalla dieta mediterranea che ha tra i propri principi base proprio il consumo di verdura e frutta.
Per una scelta consapevole
Tra i vegetariani, molti scelgono di diventare vegani sulla base di motivazioni di tipo etico, ambientalista, salutistico. Questa scelta è sicuramente più radicale e impegnativa poiché implica l’esclusione assoluta dalla propria dieta di tutti gli alimenti di origine animale. Coloro che decidono di compiere questo passo devono prima informarsi e approfondire le loro conoscenze sulle proprietà nutrizionali dei diversi alimenti di origine vegetale includendo anche alimenti che non sono di uso comune come i semi, le piante spontanee, i cereali meno utilizzati nella propria zona di origine, oltre ai preziosissimi legumi, in particolare la soia e i suoi derivati. In questo modo è possibile scegliere correttamente gli alimenti da inserire nella dieta quotidiana per comporre menù equilibrati che apportino all’organismo tutti i nutrienti di cui necessita.
Evitare una dieta sbilanciata
I vegani che non gestiscono bene la propria dieta, infatti, possono andare incontro a carenze nutrizionali riguardanti in particolare il ferro, il calcio, lo zinco, la vitamina B12 e gli acidi grassi omega 3. Vediamo nel dettaglio i principali elementi nutrizionali e le loro funzioni:
Quali consigli alimentari per il vegano?
Ecco in sintesi alcuni consigli a cui una persona che ha scelto un regime alimentare vegano deve attenersi per evitare i rischi da carenze nutrizionali o da dieta sbilanciata:
Che cos’è il colesterolo?
Il colesterolo è il composto più importante tra gli steroli, cioè i grassi complessi; è indispensabile per il funzionamento del sistema nervoso, del cervello e delle membrane cellulari ed è il precursore di molti ormoni, della vitamina D e dei sali biliari.
Come viene prodotto?
Il fegato produce la maggior parte del colesterolo (colesterolo endogeno), mentre circa il 10-15% del colesterolo che abbiamo in circolo nel nostro corpo proviene dalla nostra alimentazione (colesterolo esogeno).
Perché un eccesso di colesterolo è dannoso?
Un eccesso di colesterolo nel sangue rappresenta un importante fattore di rischio cardiovascolare, predispone cioè l’organismo a sviluppare una serie di patologie che coinvolgono il cuore e l’apparato circolatorio.
Uno stile di vita corretto.
Lo stile di vita ideale per prevenire e ridurre il rischio cardiovascolare non è diverso da quello che tutti noi dovremmo praticare per mantenerci in uno stato generale di buona salute ed efficienza fisica e che comporta un’alimentazione bilanciata, il mantenimento del proprio peso corporeo entro un range di normalità, lo svolgimento di un regolare esercizio fisico, l’astensione dal fumo, la riduzione dello stress e un tempo adeguato per il riposo.
Dieta mediterranea e vegetariana.
Modificare la propria dieta è un sistema spesso utile ed efficace per ridurre il colesterolo in eccesso e per mantenerlo a livelli accettabili. Le fonti alimentari di colesterolo sono gli alimenti di origine animale e molti prodotti dell’industria alimentare, come paste ripiene (ravioli, tortellini, ecc.), salse, creme, cioccolato e molti dolci.
Un’alimentazione equilibrata basata principalmente sul consumo di alimenti vegetali come la dieta mediterranea o, a maggior ragione, la dieta vegetariana, è spesso associata ad alcuni vantaggi per la salute, inclusi livelli più bassi di colesterolo ematico con conseguente ridotto rischio di cardiopatia.
I fattori che in una dieta vegetariana ben pianificata possono esercitare effetti benefici sui livelli ematici di grassi e di colesterolo includono le più elevate quantità di fibre, il consumo di soia, il consumo di frutta secca e di semi, i ridotti contenuti di grassi saturi e la presenza degli steroli vegetali che sono in grado di limitare l’assorbimento di colesterolo dal tubo digerente.
Come tenere sotto controllo il colesterolo attraverso l’alimentazione.
Per quanto riguarda il controllo del colesterolo esogeno, le raccomandazioni delle fonti più autorevoli prevedono un’introduzione di colesterolo con la dieta non superiore a 300 mg/die.
A questo proposito, possono essere messi in pratica alcuni utili suggerimenti alimentari:
La soia, presenta la più alta concentrazione di proteine tra tutti gli alimenti (38%), così da poter essere considerata un naturale concentrato proteico vegetale.
Dal punto di vista nutrizionale la soia rappresenta non solo un’ottima fonte di proteine facilmente assimilabili e digeribili dall'organismo umano, ma uno spettro aminoacidico fra i più completi, tale da poter competere con alimenti come la carne, il pesce, le uova, il latte e derivati, fontI delle cosiddette proteine nobili, in quanto contenenti tutti gli 8 amonoacidi essenziali (vale a dire quelli che devono invece essere introdotti dall'esterno con gli alimenti, in quanto non possono essere sintetizzati direttamente dall’organismo).
La soia, infatti, è carente solo in metionina. Tra l’altro, il potere nutritivo della soia può essere evidenziato dal valore del PER (Protein Efficiency Ratio), che rappresenta il rapporto fra l'incremento del peso corporeo e la quota proteica ingerita. Tale valore è di 2,33 per la soia, vicino a quello della caseina che è di 2,86 (la caseina è presa come riferimento in quanto considerata una proteina fra le più complete dal punto di vista nutrizionale).
Ma la soia riveste un ruolo importante come alimento dietoterapeutico anche perché è ricca in vitamine e minerali (in modo particolare di ferro e potassio) e contiene lecitina, che ha un effetto ricostituente sul sistema nervoso centrale, in quanto fornitrice di colina necessaria alla neuro-trasmissione colinergica, e le sue proteine sono in grado di abbassare il livello del colesterolo nel sangue.
Vero. Alimenti a base di questo legume (ad esempio, latte, yogurt, burger, polpette, tofu) sono capaci di ridurre il valore del colesterolo grazie sia alle fibre che alle proteine. Se le prime sono in grado di ridurre l’assorbimento del colesterolo, le proteine della soia, come dimostrano decine e decine di studi condotti, tra l’altro, anche nelle Università italiane, sono in grado di ridurre la sintesi di colesterolo a livello del fegato. La combinazione di queste azioni si traduce in una riduzione del colesterolo nel sangue di circa 20 mg.
Falso. Se i prodotti a base di soia non innalzano i trigliceridi, in quanto sono a basso contenuto in grassi, la sua azione sui trigliceridi è trascurabile.
Falso. Una dieta deve fornire il giusto contenuto di calorie e di nutrienti. Notoriamente, i cereali (ad esempio, pasta, riso, polenta, patate, pane) sono ricchi di amido e quelli integrali anche di fibra. Ma essi rappresentano anche una fonte di proteine, che combinate con quelle dei legumi (ad esempio, fagioli, lenticchie, piselli, soia), costituiscono un gustoso pasto completo dal punto di vista dell’apporto proteico, in quanto forniscono tutti gli amminoacidi essenziali per costruire le proteine.
Vero. Se i cibi animali sono ricchi di grassi saturi e colesterolo, i grassi apportati da alcuni cibi vegetali (legumi, olive, oli vegetali, frutta secca) sono, invece, poveri di grassi saturi e privi di colesterolo, mentre sono ricchi di acidi grassi polinsaturi e monoinsaturi, vale a dire di quelli considerati protettivi per l’organismo.
Parzialmente vero. Anche se il contenuto in ferro dei legumi è alto (e quello della soia è addirittura maggiore di quello della carne rossa) , l’assorbimento del ferro vegetale non è, però, altrettanto ottimale. Comunque, associando a tali vegetali gli agrumi (ad esempio, usando il limone come condimento), si può aumentare notevolmente l’assorbimento di questo minerale. Inoltre, i legumi sono un’importante fonte, di vitamine del gruppo B (ad eccezione della vitamina B12). Tuttavia, in commercio ci sono cibi vegetali arricchiti in tale vitamina al fine di soddisfarne il fabbisogno dell’organismo.
Vero. La vitamina B12 si trova negli alimenti di origine animale (carne, pesci, latte e derivati), a meno che alcuni alimenti di derivazione vegetale non vengano addizionati di tale importante vitamina, indispensabile per la corretta sintesi dei globuli rossi e dello sviluppo e integrità del sistema nervoso. Pertanto, è indispensabile, in caso di dieta vegetariana stretta, assumere degli integratori vitaminici che la contengano o prodotti in cui sia addizionata.
Parzialmente vero. Una dieta ricca di proteine animali (presenti nelle carni, ma anche nei formaggi), acidificando il sangue, favorisce la mobilizzazione del calcio delle ossa che viene utilizzato come tampone. Gli alimenti a base di prodotti vegetali, invece, oltre a presentare un buon contenuto in proteine in grado di sostituire alimenti proteici più ricchi in grassi e colesterolo, contengono una buona quantità di calcio, come i fagioli o il latte di soia o gli yogurt di soia o il tofu. Un componente della soia, tra l’altro, gli isoflavoni, ha dimostrato di ridurre la perdita di tessuto osseo nelle donne nella prima post-menopausa.
Falso. La carne fornisce all’organismo le proteine fondamentali per la cosiddetta sintesi proteica muscolare alla base della massa e della forza muscolare. Ma le proteine hanno anche una funzione energetica, processo importante soprattutto durante un'attività fisica di lunga durata, in cui vengono degradate per fornire energia. Pertanto, se durante l'arco della giornata è consigliabile assumere una quantità di proteine (sia di origine animale che vegetale) pari a circa il 15% dell'apporto calorico giornaliero, in caso di una sostenuta e prolungata attività fisica sono consigliabili percentuali e dosi maggiori, evitando, però, un apporto eccessivo. Ciò perché si ha un aumento delle scorie azotate e un’acidificazione del sangue. Per tale motivo è utile rivolgersi anche alle proteine vegetali, come i legumi e i cereali, che invece, alcalinizzano l’organismo. A tal proposito, la soia presenta la più alta concentrazione di proteine tra tutti gli alimenti (38%), così da poter essere considerata un naturale concentrato proteico vegetale. Inoltre, se la contrazione muscolare è più vigorosa nei soggetti alimentati a base di cibi carnei, essa è più sostenuta nel tempo in coloro che assumono cereali e legumi che, fornendo anche carboidrati, consentono una buona ricarica delle riserve di glicogeno.
Falso. In letteratura sono riportate segnalazioni su possibili interferenze della soia sulla funzione della tiroide, da riferire al suo contenuto di isoflavoni. Queste preoccupazioni si basano su ricerche in vitro, studi sull’animale e report di casi di gozzo in lattanti nutriti con formulazioni per l’infanzia a base di soia non addizionate con iodio. Ciò ha portato ad approfondire l’argomento con studi ad hoc che sono concordi nell’escludere che la soia possa esercitare effetti negativi sulla funzionalità tiroidea in soggetti con la giusta disponibilità di iodio nella dieta. In effetti, il problema, nasce dalla carenza di iodio, possibile soprattutto nelle zone collinari e montane a distanza dal mare. In tali casi, potrebbe essere utile usare del semplice sale iodato.
Negli ultimi anni si è osservato un aumento dei casi di diabete e di ipertensione arteriosa nella popolazione.
Le cause principali di questo fenomeno sono sicuramente l’invecchiamento della popolazione, ma, anche e soprattutto, un’alimentazione eccessiva in quantità e non corretta dal punto di vista nutrizionale che, insieme a un regime di vita sempre più sedentario, hanno determinato un aumento della prevalenza dell’obesità, patologia che spesso comporta un aumentato rischio proprio di diabete e ipertensione.
Per fortuna, però, un adeguato intervento nutrizionale, associato ad aumento dell’attività fisica, può prevenire o attenuare questi importanti fattori di rischio cardiovascolare.
Tra le misure dietetiche che vanno adottate, è fondamentale, oltre alla sempre auspicabile riduzione dell’apporto di grassi saturi e trans, del sale e dell’alcool, aumentare il consumo di cereali, di pesce, di legumi (sia di quelli “classici” che dei cibi a base di soia), di verdura, di frutta fresca (e anche di quella secca, ma con moderazione nelle quantità per l’alto apporto calorico che la caratterizza) e di usare come condimento gli oli ad alto contenuto in acidi grassi monoinsaturi (come l’olio extravergine di oliva) e polinsaturi (come, ad esempio, l’olio di arachidi, di mais, di soia).
Il beneficio sui principali fattori di rischio cardiovascolare (ipercolesterolemia, diabete, ipertensione arteriosa) che deriva da questa alimentazione, che a ben ragione possiamo definire corretta e salutistica, può essere rapportato non solo al miglior controllo della colesterolemia, ma anche al basso indice glicemico dei carboidrati presenti nei cibi ad alto contenuto in fibre, come i cereali integrali, i legumi e con essi la soia, le verdure e la frutta fresca.
Le fibre, tra l’altro, favoriscono anche il senso di sazietà e presentano un ridotto apporto calorico, per cui appaiono fondamentali nel trattamento non farmacologico non solo del diabete, ma anche dell’obesità.
Si è visto, inoltre, che nel paziente iperteso, un’alimentazione mediterranea che contempli anche una certa quota di soia, possa ridurre i valori di pressione arteriosa di 2-5 mmHg, riduzione apparentemente minima ma che invece è in grado di abbassare di oltre il 7% il rischio di infarto e di oltre il 10% il rischio di ictus cerebrale.
Pertanto, rimpiazzare i cibi ricchi in grassi saturi e colesterolo o con alto indice glicemico e/o salati con i prodotti su citati può avere un’importante e ben documentata ricaduta favorevole sull’incidenza di diabete ed ipertensione arteriosa e, in definitiva, sul rischio cardiovascolare.
Il colesterolo è un componente fondamentale del nostro organismo, importante per produrre numerosi ormoni e per la formazione delle membrane cellulari, in particolare delle cellule nervose.
Viene prodotto dal nostro organismo, soprattutto dal fegato, e, in parte, assorbito attraverso gli alimenti.
È possibile trovare il colesterolo in tutti i cibi che provengono dagli animali (carni rosse, pollame, uova, latte, formaggio), mentre non è presente in nessun alimento di origine vegetale.
I valori del colesterolo nel sangue dovrebbero essere inferiori a 200 mg/dL.
Sono considerati valori normali 120 - 220 mg/100 ml per il colesterolo totale, 40 - 80 mg/100 ml per l’HDL, 70 - 180 mg/100 ml per l’LDL.
Con livelli di questo tipo, il rischio di malattie cardiovascolari è contenuto.
Valore (rischio cardiovascolare) | Colesterolo totale | Colesterolo cattivo (LDL) | Colesterolo buono (HDL) > 60 mg/dl |
Desiderabile (rischio basso) | < 200 mg/dl | < 130 mg/dl | > 60 mg/dl |
Limite (rischio moderato) | 200-240 mg/dl | 130-160 mg/dl | 40-60 mg/dl |
Elevato (rischio elevato) | > 240 mg/dl | > 160 mg/dl | < 40 mg/dl |
HDL sta per lipoproteine ad elevata densità. Il colesterolo HDL è considerato “buono” perché sembra che diminuisca il rischio di infarto o di ictus, poiché le lipoproteine rimuovono il colesterolo in eccesso dalle arterie e lo trasportano fino al fegato, dove viene eliminato.
Questo significa che, a differenza di quanto avviene per altri tipi di colesterolo, più alto risulta questo valore minori sono i rischi in cui si incorre (valore superiore a ad oltre 60 mg/dL).
Il colesterolo HDL può essere aumentato smettendo di fumare, perdendo il peso in eccesso e facendo una vita più attiva.
LDL sta per lipoproteine a bassa densità.
È il tipo di colesterolo che può rivelarsi più dannoso per la salute e in particolare per il cuore, perché queste lipoproteine portano il colesterolo dal fegato ai vasi sanguigni. Un livello elevato di colesterolo LDL accresce il rischio di ictus e infarto (oltre 190 mg/dL). Più bassi si mantengono questi valori (inferiori a 100 mg/dL) tanto più contenuto risulta il rischio di andare incontro a malattie cardiovascolari.
Un colesterolo alto segnala che è in aumento il rischio di subire un ictus o un infarto. È questo il motivo per cui è consigliabile tenere i valori del colesterolo sempre sotto controllo e discuterne con il proprio medico.
Con un semplice esame, il test del “profilo lipoproteico”, è possibile verificare i valori del colesterolo nel sangue, sia come valori assoluti, sia come livelli di colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo) e HDL (il cosiddetto colesterolo buono), come pure sul livello dei trigliceridi (grassi cattivi).
Se nel nostro organismo ci sono livelli elevati di colesterolo, questo si deposita sulla superficie interna dei vasi sanguigni, formando delle placche che, a lungo andare, possono restringerli. Nei casi più gravi, le placche possono ostruire completamente le arterie, provocando infarti o ictus.
L’ipercolesterolemia agisce lentamente nell’organismo umano e non dà alcun sintomo. Proprio per questo motivo è importante cercare di scoprire quali sono i livelli di colesterolo totale, HDL e LDL nel sangue eseguendo controlli periodici.
Un livello di colesterolo troppo elevato nel sangue, soprattutto se associato ad altri fattori di rischio come il fumo, l’obesità, il diabete, una vita sedentaria, può portare all’ictus e all’infarto.
È possibile ridurre questi livelli osservando una dieta sana e povera di grassi, calando di peso e praticando regolarmente una moderata attività fisica.
Ci sono, però, delle persone che sono costrette assumere farmaci perché modificare la dieta o calare di peso può non essere sufficiente a ridurre i livelli di colesterolo.
Una dieta sana può aiutare a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo nel sangue. La scelta deve ricadere soprattutto su alimenti a basso contenuto di grassi (lipidi) e di colesterolo.
E' ormai ampiamente dimostrato che le proteine, i grassi polinsaturi e gli isoflavoni della soia hanno la proprietà di abbassare il colesterolo LDL; pertanto tutti i prodotti a base di soia sono da considerarsi ottimali. Anche l'olio extravergine di oliva e gli oli di semi di mais e di girasole (da consumarsi rigorosamente a crudo) sono ricchi di grassi insaturi che riducono la formazione delle placche di colesterolo, mantenendo il sistema cardiovascolare in buona salute. Via libera anche alla carne bianca ed al pesce, soprattutto di mare, ricco di grassi polinsaturi omega-3, che favoriscono la sintesi del colesterolo "buono" HDL. Infine ortaggi e frutta: oltre ad essere privi di colesterolo sono ricchi di fibre, sostanze che possono aiutare a ridurre l'assorbimento di questo grasso.
Benché l'effetto ipocolesterolemizzante sia il benefit salutistico più consolidato, è ovvio che il contenuto in isoflavoni degli alimenti di soia susciti interesse: più di 50 società commercializzano integratori a base di isoflavoni; isoflavoni sono stati addizionati a molti prodotti a base di soia e non, ed è cresciuto il numero delle società che dichiarano il contenuto in isoflavoni sulle etichette dei prodotti di soia.
L'interesse iniziale per gli isoflavoni si è localizzato sulle loro possibili proprietà anticancro, ma è chiaro che questa visione degli isoflavoni è di gran lunga troppo limitativa. Oggi si pensa che gli isoflavoni riducano i rischi connessi ad un ampio spettro di malattie, includenti l'osteoporosi e le malattie cardiovascolari.
Essi possono altresì contribuire ad alleviare i sintomi della menopausa.
Gli studi clinici mostrano che gli alimenti di soia riducono le vampate di calore, in modo modesto, ma preciso e generalizzato. Grazie ai significativi effetti nei confronti della malattia cardiovascolare, dell'osteoporosi e delle vampate di valore, si pensa agli alimenti di soia e quindi agli isoflavoni come ad una possibile alternativa naturale alla Terapia Ormonale Sostitutiva.